Differenza tra acque reflue domestiche e industriali
La definizione di acque reflue domestiche, contenuta nell’art. 74, c. 1, lettera g), del D.Lgs. 152/06, quali acque provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, è tale da non ricomprendere (ai sensi dell’ art. 101, c. 7, lettera e) le acque reflue non aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche.
La natura del refluo scaricato costituisce il criterio discriminante tra la tutela punitiva di tipo amministrativo e quella strettamente penale.
Nel caso in cui lo scarico abusivo abbia ad oggetto acque reflue domestiche, potrà configurarsi l’illecito amministrativo, secondo il D.Lgs. 156/06 (art. 133, comma 2); mentre si avrà il reato di cui all’art. 137, c. 1, del richiamato decreto, qualora lo scarico riguardi acque reflue industriali, definite, dall’art. 74, lettera h), come qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti.
Pertanto, nella nozione di acque reflue industriali, rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano e alle attività domestiche, cioè non collegati alla presenza umana, alla coabitazione e alla convivenza di persone
La conseguenza è che sono da considerare scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi, quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque domestiche, come nel caso delle acque reflue provenienti da laboratori diretti alla produzione di alimenti.